Viaggio all'isola di Kri: l'isola degli uomini duri.

Salve ragazzi vi ricordate di me? Sono Ercolino del clan degli uomini duri.
Vi voglio raccontare del mio recente soggiorno all'isola di Kri che a buon diritto possiamo considerare l'isola degli uomini duri per eccellenza. Non ci credete? Beh allora date una occhiata qui oppure qui e poi, se non vi siete spaventati troppo per quel che vi può capitare e tanto per restare in tema, venitemi dietro che andiamo a visitare la vicina grotta dei pipistrelli. Qui é di rigore l'ingresso a piedi nudi ma attenti a non scivolare sullo spesso strato di sterco.

L'isola di Kri si trova in uno sperduto arcipelago a cavallo dell'equatore e si raggiunge con due ore di barca veloce a partire
da Sorong graziosa cittadina dell'Irian Jaya (Papua Indonesiana), che dista quattro ore e mezzo di volo da Giakarta.

Fa molto caldo e l'aria é piuttosto umida anche se la brezza marina da spesso sollievo. Qua e la vi é qualche piccolissimo villaggio di pescatori ma non mancano le coltivazioni di perle che da queste parti sono di qualità pregiata.

Il resort è composto da cinque o sei bungalow posti su palafitte sull'acqua e al loro intero, in perfetto stile uomini duri, non
trovate proprio niente ad eccezione di un materasso racchiuso in una zanzariera. Ovviamente non vi é acqua corrente e neppure un locale attrezzato per farsi la barba o la doccia in tutto il resort, né frigo in cucina. La corrente elettrica viene erogata solo per qualche ora a partire dalle sette di sera, più che altro per permettere ai Fotografi presenti di ricaricare le batterie dei loro flash ecc.
Il cibo cucinato all'indonesiana é abbastanza vario e gradevole. Molti sono i prodotti locali raccolti  nella foresta fittissima che ricopre l'isola. Ottimo poi é il pesce, appena pescato e cucinato alla griglia.
La vita del resort é regolata dalle rigide regole imposte dal proprietario Max Ammer, un olandese che si é stabilito da queste parti da una decina d'anni e che coniuga lo studio della Sacra Bibbia con l'esplorazione dei fondali sottomarini. L'ambiente é familiare e il personale indonesiano sempre gentile e disponibile, come la cuoca Yolanda che spesso cucinava degli ottimi spaghetti per farmi piacere, e non manca neppure il gatto di casa... beh si, circa.
E veniamo ora alla parte naturalistica dell'isola e dei suoi dintorni. I luoghi sono belli sia sott'acqua che sopra e per visitarli tutti ci vorrebbero mesi. Il mare é quasi sempre calmo anzi liscio come l'olio e più che di un arcipelago si dovrebbe parlare di una laguna. La presenza di tutte queste isole grandi e piccole crea però forti correnti dovute alle maree, per cui le immersioni sono per lo più adatte agli uomini duri o quantomeno ai subacquei esperti.

Il paesaggio ricorda da vicino, anzi supera per bellezza, quello dell'arcipelago di Palau in Micronesia: le stesse mini-isole a forma di panettone che si innalzano nell'acqua dal colore dello smeraldo.

Dal punto di vista della fauna sottomarina c'é veramente  di tutto, dai grossi pesci quali le mante e i pescecani, alle creature microscopiche come i cavallucci marini pigmei. A proposito di questi ultimi Max dichiara di averne trovati di color giallo e leggermente più grandi di quelli rossi ma io non ne ho visti.

Per gli amanti delle Foto macro vi é una zona denominata "The passage" in cui il mare si insinua profondamente nella terraferma sbucando dall'altra parte. Si naviga in un paesaggio lacustre circondati dalla foresta fittissima e da pareti di roccia calcarea profondamente erosa dall'acqua. Il fondo sabbioso é ricchissimo di nudibranchi e di altre strane creature. Per chi ama le emozioni ci sono anche grotte che si si possono penetrare da una profondità di una decina di metri e che sbucano poi nella giungla.

Moltissimi sono i relitti di aerei della seconda guerra mondiale di cui Max e' un accanito ricercatore. Si va da un caccia americano P47 in ottimo stato di conservazione, posto ad una trentina di metri a un altro P47 a soli tre metri di profondità.
Le immersioni sono tre al giorno e i miei abituali compagni sono la Sharon con il marito Curtis, provenienti dal Nord della California, oltre al bravo Otto che ci guida e che oltre a conoscere maree e correnti é inimitabile nello scovare soggetti per il Fotografo.
Poiché siamo in tema di uomini duri due parole sulla Sharon non guastano. Costei é una sub di lunghissima esperienza che si aggira senza soste attraverso i fondali con una lente da ingrandimento in una mano e una piccola torcia nell'altra, prendendo continuamente appunti su di una lavagnetta che poi trasferisce diligentemente sul log book. La sua attività non conosce soste ed é un susseguirsi continuo di pinneggiate tanto che non le concedereste più di mezz'ora d'aria. Beh, non l'ho mai vista risalire prima di un'ora e venti con meno di 500 psi nella bombola. Il marito Curtis regge impavido il confronto anche se talvolta rimane senza un filo d'aria, letteralmente schiantato dai micidiali tempi di fondo della moglie.
Per darvi una idea delle immersioni vi descrivo due siti che secondo me sono tra i più belli.

Sardines Reef é l'immersione preferita dai Fotografi.
Questa secca sommersa molto estesa é vicinissima al resort ma per raggiungerla ci vuole sempre un bel po' di tempo perché non va assolutamente perso lo spettacolo dei delfini e delle mante che non manca quasi mai. Giunti finalmente sul posto si scende velocemente lungo la parete sud che é la parte più pittoresca e ricca di vita. Raggiunto il fondo sabbioso posto sui trenta metri si inizia una lenta risalita zigzagando lungo una franata ricchissima di vita di ogni genere pesci scorpione inclusi. Branchi di barracuda volteggiano nell'acqua limpida e tra le splendide gorgonie gialle si annidano variopinti pesci di barriera. C'é veramente di tutto, tartarughe comprese, ma le creature più strane sono dei piccoli squali chiamati wobbegong shark che, con i loro finti occhi bianchi, se ne stanno acquattati in qualche anfratto e che ho visto qui per la primaa volta. Se ci si immerge il pomeriggio l'acqua é tranquilla anche se un po' torbida ma il divertimento maggiore si ha la mattina quando verso la fine dell'immersione, appena risaliti lungo la parete e giunti sui 6 - 8 metri si viene presi da una corrente degna di un pass maldiviano.
E' inutile cercare di ancorarsi alle roccie perché si rischia di perdere la maschera tanto la corrente é violenta. Si viaggia a velocità supersonica lungo la secca che é piatta e costellata da piccoli massi intorno ai quali volteggiano i più bei pesci di barriera che abbia mai visto. Sono di un blu intenso con una fascia nera e la coda gialla (Palette Surgeonfish) ed ho tentato varie volte di Fotografarli ma purtroppo senza successo.

Mike's Point.
Questo é il sito preferito dalla Sharon e non le si può certo dare torto. E' un agglomerato di grossi massi, resti di una delle solite isole a panettone che franano un po' alla volta a causa dell'erosione del mare. Ora rimane un cocuzzolo piccolissimo, con un ciuffo di foresta di pochi metri quadrati, talmente eroso alla base che sembra pure lui sul punto di cascare da un momento all'altro. Ci si immerge anche qui fin sui trenta metri dal lato sud e poi si inizia la solita lenta risalita a zigzag. La visibilità é eccellente e si incontrano praticamente tutte le creature della barriera, mante e squali inclusi. Interessantissimi sono i nudibranchi che sono la gioia e il diletto di Sharon che li studia a lungo con la lente: sembra una specie di Sherlock Holmes subacqueo seguito dal fedele Watson. Ma é la parte finale dell'immersione quando si é quasi in superficie, a ridosso dell'isoletta, che lascia un ricordo indimenticabile: tra i grossi massi franati vi é un autentico giardino fiorito di gigantesche gorgonie i cui colori stupendi, che vanno dal giallo oro al rosso con sfumature gialle, splendono come meravigliosi arazzi illuminati dai raggi del sole.

Per concludere un appunto purtroppo negativo. I fondali sono ancora intatti e ricchi di vita ma le spiagge di sabbia bianca e fine ombreggiate dalle palme di cocco sono ahimé piene di rifiuti di plastica di ogni genere: un altro pezzo di paradiso che se ne stà andando.

E veniamo ora al viaggio di ritorno. 
Quella notte c'e' un vento fortissimo e l'indomani mattina si parte alle 9 con una barca veloce noleggiata per l'occasione. Sembra una specie di Ferrari del mare, tutta carenata a forma di sigaro e con tanto di spoiler posteriore oltre a ben quattro motori fuoribordo.
Partiamo a razzo ma appena al largo dell'isola il mare si fa grosso e due dei propulsori si bloccano. Rimango di stucco e con me la cuoca del resort Yolanda e la sua giovane e graziosa aiutante Oktovina che si erano messe tutte in ghingheri per farsi un viaggetto a Sorong fuori programma. Siamo quasi fermi e una grossa ondata entra attraverso un finestrino non ben chiuso rovinando l'acconciatura dell'Oktovina. La barca oscilla paurosamente e le mie valigie scivolano sul pavimento avanti e indietro come saponette. L'equipaggio composto dal "comandante" pilota e da due marinai addetti ai motori non fa pero' una piega: si vede subito che sono uomini duri ;-).
La porta che chiude il cabinato verso poppa e che si reggeva su di un solo cardine si e' messa tutta di traverso a causa del forte rollio permettendo cosi' ai passeggeri una visione panoramica del vano motori e del mare. E' tutto un susseguirsi di grosse onde con le creste bianche spazzate dal vento: roba da farsela addosso per la paura, tanto per fissare le idee :-).
Uno dei "motoristi" lavora alacremente ma inutilmente con la fune di messa in moto mentre l'altro, seduto su 3 taniche di benzina di cui una senza tappo lo sta ad osservare, con una cicca in mano, pronto a dargli il cambio. Il capitano pilota richiama il tizio con la cicca, che per fortuna era spenta e gli ordina di spostare alcuni sacchi di riso per riequilibrare l'imbarcazione che e' pericolosamente inclinata da una parte. Io mi pento di non aver studiato un po' di indonesiano tanto per riconoscere frasi di prima utilita' tipo "si salvi chi puo" o cose simili :-).
Uno dei due motori riparte e cosi' il pilota lancia di nuovo il bolide contro le onde mentre si tenta di far partire anche l'altro motore.
L'impatto e' violentissimo e io noto con una certa preoccupazione che c'e' una crepa che corre lungo tutto il pavimento che si apre e chiude seguendo il ritmo del moto ondoso. Osservo il capitano che e' piantato a gambe larghe e si regge sul volante col collo proteso in avanti nel vano tentativo di vedere qualcosa attraverso il parabrezza.   Sterzata a destra - impatto sull'onda con apertura di crepa sul pavimento - sterzata a sinistra - forte rollio con rovesciamento taniche e versamento benzina sul pavimento - due motori fermi - smanettamenti vari con fune di avviamento - ripartenza uno o due motori - ondata di tre quarti che versa secchiate d'acqua sull'Oktovina e sul sottoscritto attraverso un finestrino che non si riesce a chiudere .   Beh insomma siamo andati avanti cosi' per due ore buone tenendoci il piu' possibile sottocosta alle varie isole e dopo aver attraversato un braccio di mare in cui solo qualche santo pietoso ci ha protetti dal rovesciamento, alla fine siamo arrivati non so nemmeno io come sani e fradici all'aeroporto. Quando mi sono imbarcato i miei vestiti ormai perfettamente asciutti erano talmente rigidi per il sale che sembravano delle armature :-).

Ercolino (Giovanni Marola) 

Calypso nei social


Via Anconetana, 129 - Località La Pace - 52100 Arezzo
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

© 2020 Calypsosub, Tutti i diritti riservati