Banco di S.Croce "La secca di terra"

bancosantacroce.jpgDomenica mattina, sveglia alle 06.30. Dopo aver rinunciato ad una crociera all’isola di Ponza con gli amici romani, non posso mica restare a casa, i rimorsi mi perseguiterebbero non solo tutta la giornata ma finanche per tutta la settimana di lavoro che mi aspetta. Arrivo a Castellammare alle 08.45 e scopro che questa fantastica località non finisce mai di stupirmi.

A partire dal casello è tutta una coda che arriva fino a Sorrento, le spiagge sono gremite, ombrelloni aperti, parcheggi pieni, gente in acqua, come se fosse mezzogiorno.

 

Mio fratello si chiede coma mai fra tante località a disposizione in provincia di Salerno e Napoli abbia scelto di portarlo nella zona più sconsigliata per una domenica di luglio: la penisola sorrentina.

Comincia a capirlo quando arriviamo al diving, saluti calorosi e battute con Pasquale, Raffaele e Valeria, che vedendo me e
mio fratello per la prima volta crede di avere sintomi di MDD e vederci doppio.
E’ tardi per la prima uscita per cui mi prenoto per la seconda, intorno alle 12.30, ma solo perché sono arrivato tardi, non perché saremo guidati da Valeria, come quella malalingua di Pasquale insinua.

Raggiungiamo il sito di immersione in mare aperto, tra diportisti della domenica sulla cui competenza e prudenza è sempre meglio avere dubbi. Sul gommone resta ad attenderci Raffaele, reduce da 40 giorni di imbarco in giro per il Mediterraneo che per lo meno sono serviti a fargli perdere qualche chilo, forse è il caso che lo segua anche io la prossima volta. La nostra guida è Valeria, brava e competente come sempre, i miei compagni occasionali sono tre sub del Circolo Aquos di Napoli. Scendiamo lungo il pedagno, e mentre sgonfio il gav e inizio la discesa, perdo già di vista la coppia che mi precede, vedo le loro pinne scomparire, avvolte da un latte di sospensione.
Accelero la discesa fiondandomi come un paracadutista che attraversa le nuvole, a 25 mt attraverso il termoclino e come d’incanto mi sembra di essere entrato in un acquario tropicale. Il panorama di vita bentonica è spettacolare e la visibilità è eccezionale.

Praterie di eunicella cavolinii, distese di paramuricea clavata, cerianti di tutti i colori, non so più dove guardare, mi sembra di sfogliare il libro di biologia marina. Valeria ci conduce lungo la Secca di terra, mentre il mio buddy mi segnala che il suo manometro è allagato, chissà se continuerà a indicare un valore corretto.
Ad ogni modo siamo la prima coppia dopo Valeria, e gli altri ci seguono a breve distanza, per cui procediamo con tutta tranquillità.

Lungo la parete illumino con la torcia qualche anfratto, per ammirare i colori delle spugne, delle castagnole, degli anthias. In un piccolo anfratto mi sembra di vedere qualcosa, mi avvicino e non credo ai miei occhi. Un gattuccio immobile di lato, ne vedo solo metà e saranno almeno 40 cm. Finora avevo visto solo le sue uova, aggrappate alle gorgonie, illuminandole in controluce per vedere l’embrione.

Ora finalmente lo incontro di “persona”. Mi fermo dinanzi alla tana e vorrei chiamare Valeria e il Buddy che mi precedono, ma non mi sentono, chissà quando mi deciderò a comprare uno shaker. Non l’ho mai fatto per una sorta di pudore, ho sempre pensato che fosse un attrezzo da Istruttore, da Guida, non certo per un sub neofita come me.
Resto fermo con il braccio alzato, qualcuno mi dovrà pur vedere. Finalmente Valeria e il mio Buddy si girano, nel frattempo arriva la seconda coppia e posso mostrare a tutti la mia “scoperta” orgoglioso come un bambino che mostra un suo disegno. Proseguiamo lungo la parete e ad un tratto vedo un grosso scorfano poggiarsi a terra e fermarsi per passare inosservato. Lo osservo dall’alto e lo segnalo ai compagni.

Giungiamo sul fondo a 39 metri, su una distesa di gorgonie, che meriterebbe molta più attenzione, ma è meglio ricominciare la risalita, lungo uno degli anfratti della Secca di terra, simile ad un canyon che risale verso l’alto. Valeria mi segnala una grossa cernia che entra in tana, arrivo con una frazione di secondo di ritardo e non riesco a vederla. Mi “consolo” con una flabellina ischitana che solo l’occhio attento di Valeria poteva farmi vedere.
Stiamo risalendo e i raggi del sole illuminano banchi di alici e sardine di colore argento vivo. Dietro di loro tre o quattro saraghi. Scogli ricoperti di parazoanthus axinellae, stelle marine e oloturie in quantità. Sto per fermarmi su un cappello a una quindicina di metri ma ancora una volta Valeria mi chiama per farmi affacciare sulla parete, sotto di noi una bella cernia, di media grandezza nuota fuori dalla tana.

E’ l’ultima sorpresa della giornata, il degno finale di una immersione bellissima. Saltiamo nel blu dalla Secca di terra alla Secca principale, nel mezzo non si vede più né quella chi ci siamo lasciati alle spalle né quella dove stiamo andando, ma Valeria, abile come sempre, con due sontuose pinneggiate a delfino raggiunge il pedagno indicandoci la strada giusta. Solo qualche minuto di deco e via in superficie.

Raffaele ci aspetta sul gommone e gli racconto di tutti gli organismi visti, citando qualcuna delle poche classificazioni tassonomiche che conosco. Lui comincia ad interrogarmi con nomi strani in latino e dopo una diatriba tra discodoris atromaculata e peltodoris atromaculata o meglio vacchetta di mare, risolvo la contesa buttandolo a mare dal gommone tra le risate generali.

A domenica prossima per un’altra immersione sul Banco, però stavolta partirò alle 07.00, se ci riesco.

Francesco Curcio

Banco di Santa Croce: Secca di terra
Profondità massima: 39 mt
Tempo totale: 46 minuti


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